Perché studiare l’ebraico biblico

IL CORSO DI EBRAICO BIBLICO …

… per leggere e capire la Parola di Dio nei testi originali.

… perché: “le cose dette in ebraico non hanno la medesima forza quando vengono tradotte un’altra lingua” (Prologo al Siracide, 22-23).

… per amore della Parola di Dio.

Questo corso non propone un approccio di tipo accademico, volto ad analizzare la Bibbia dal punto di vista letterale e storico-critico.
Questo corso, pur con tutto il rigore della grammatica, che sarà il suo 70% si rivolge al target di coloro che amano la parola di Dio, ne ricercano non (e comunque non solo) un contenuto materiale, ma un contenuto spirituale, che approfondisca la propria fede e dia senso alla propria esistenza.
Si rivolge in modo particolare a coloro che vedono nella parola di Dio è il punto di arrivo della ricerca della verità, del senso della propria e altrui vita, luce e lampada al nostro cammino.
Si rivolge a coloro che amano stare nel mondo di Dio, il che non significa fuori dal nostro, ma vedere e capire le cose del nostro mondo dal punto di vista di Dio.
Nei 24 libri della Bibbia Ebraica, che corrispondono all’Antico Testamento cristiano (ne sono esclusi i libri scritti originariamente in greco, come Siracide, Sapienza, parti di Ester e Daniele, ecc.), Dio ci parla, come a Mosè, bocca a bocca, senza la mediazione di traduzioni. Tradurre è tradire, perché ogni traduzione è una interpretazione (anche se ci sarà sempre, ugualmente, il bisogno di interpretare).
Il prezzo da pagare è un po’ alto: passare attraverso una lingua e un sistema grafico diverso dal nostro, attraverso la cultura e la mentalità di un’epoca lontana, (che però è nostra madre: il che significa andare alle radici) e ciò richiede impegno, esercizio mentale, studio, e memorizzazione. Rispetto a ciò uno potrebbe dire “ho poca memoria, faccio fatica, non ci riuscirò” … Se la volontà è determinata, lo sforzo dà successo. E non solo per merito delle nostre povere forze, ma perché sarà la stessa luce della Parola a illuminare la nostra mente (e di ciò quelli che la studiano fanno esperienza), ad approfondire la nostra conoscenza.
Scopriremo, oltre la fatica nell’impegno dello studio, l’emozione, la bellezza e la gioia che provoca questo incontro. È il linguaggio umano che Dio ha scelto per esprimersi, dunque anche il più efficace, entrando nel quale noi entriamo in maggiore consonanza con lui.
E questo nella prosa, soprattutto nella Torà, che per i fratelli Ebrei è il dettato di Dio al Sinai, la sua rivelazione, rispetto al quale tutto il resto è commento,
ma soprattutto nella poesia, nei Salmi: la preghiera con cui pregava Gesù, come ci testimoniano spesso i Vangeli, che egli conosceva a memoria, che ripeteva e citava nei momenti più duri e più importanti della sua vita (Mt 26,30).
La Legge e i Profeti erano i suoi interlocutori sul Tabor, mentre parlava dell’Esodo, del suo Esodo, che si sarebbe compiuto di lì a poco a Gerusalemme (Lc 9,31).
A che serve ancora leggere l’Antico Testamento? Il Nuovo Testamento non può essere capito senza l’antico.
Gesù e gli Apostoli ne erano impregnati, era inserito in quel loro modo di ragionare, argomentare, parlare, acquisito dalla conoscenza non solo della Scrittura, ma anche delle discussioni attorno a essa. Gesù non abolisce l’Antico Testamento, ma, come dice egli stesso, ne dà compimento (Mt 5, 18-19): quando abroga la legge sul ripudio, introdotto per la durezza di cuore del popolo, è per riportare la coppia alla bellezza delle origini. Quando critica le leggi farisaiche, è per sottolineare la priorità del comandamento originario dell’amore a Dio e al prossimo ( Dt 6, 4-9 + Lv 19,18).
Paolo, cresciuto sotto la Legge, si rende conto che la venuta di Cristo obbliga a ridefinire il ruolo della Legge: bisogna coglierne lo spirito: la lettera uccide, mentre guidati dallo Spirito, si andranno a compiere i frutti salvifici dello Spirito di Vita!
Chi salva non è la Legge ma Cristo, compimento della Legge, cioè il precetto dell’amore a Dio e al prossimo (Giacomo, Ebrei) che egli è venuto a riportare al primo posto.
Il Nt non può essere capito senza l’Antico.
Sappiamo che a Emmaus Gesù spiega il senso delle Scritture, ne fornisce il “criterio ermeneutico”. “Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.” (Lc 24, 26-27).
Ciò hanno fatto i primi cristiani, come leggiamo negli Atti e nelle Lettere, ciò fecero i Padri, anche talora esagerando nel dare importanza ai particolari, in maniera allegorica.
La storia dell’esegesi ci mostra come, dopo l’Illuminismo, la lettura e la comprensione del piano materiale, letterale, storico-critico, abbiano preso il sopravvento su quello spirituale-cristologico.
Ecco la necessità di armonizzare il senso storico-letterale con quello spirituale, ritornando a dare importanza a quello spirituale, per cogliere il senso della nostra vita e della nostra Storia. “L’essenziale è invisibile agli occhi”.
Ovviamente la lettura cristocentrica era ed è respinta dal mondo ebraico, che rifiuta tutta la rilettura cristiana dell’AT. Ma tra gli studiosi del mondo ebraico possiamo attualmente riscontrare la seguente tendenza: gli Ebrei leggono il NT e vi trovano modi di dire e contenuti pronunciati da Gesù o dagli scrittori sacri che magari essi consideravano tardivi perché codificati più tardi dalla mishnà, dai midrashim e dal talmud (echi e stili di discussioni, argomentazioni, contenuti). Cioè trovano una testimonianza che conferma la necessità di retrodatare i loro scritti più antichi.
Imparando questa lingua entriamo in relazione con i fratelli Ebrei, con il loro modo di leggere la Scrittura, in un profondo dialogo di conoscenza reciproca.
Vi auguro costanza e capacità di concentrazione e impegno, ma soprattutto luce che viene dalla stessa Parola, perché illumini se stessa nelle vostre menti e vi guidi alla bellezza della conoscenza della verità.

Annarosa Ambrosi